La storia millenaria della fitoterapia

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Storia della Fitoterapia

La fitoterapia, ovvero l’uso delle piante per curare e mantenere il benessere, vanta una storia millenaria che si intreccia con le origini stesse della medicina e della cultura umana.

Antica erboristeria

Sin dalla preistoria, l’uomo ha osservato le proprietà benefiche (e talvolta tossiche) delle piante, instaurando un rapporto diretto con la natura. In questo contesto, la conoscenza delle erbe non veniva formulata in termini scientifici, ma era fortemente impregnata di connotazioni magiche e ritualistiche.

I primi guaritori – sciamani, sacerdoti e uomini medicina – interpretavano e canalizzavano quelle che sembravano essere energie divine, attribuendo alle piante un ruolo sacro e misterioso nei rituali di guarigione.

L’antichità: osservazioni e sistemi filosofici

Con l’avvento delle civiltà antiche, come quella egizia, greca e romana, la fitoterapia inizia a evolversi. Documenti antichi, ad esempio il papiro di Ebers (circa 1500 a.C.), offrono testimonianze sulle prime applicazioni terapeutiche a base di erbe.

In seguito, figure come Ippocrate, considerato il padre della medicina, riconoscevano l’importanza del rimedio fitoterapico, definendolo come un fondamentale “strumento” del medico insieme al tocco e al linguaggio.

Le teorie umorali e l’analogia tra le qualità delle piante e gli stati corporei contribuivano a dare una cornice filosofica e sistematica a questi trattamenti.

Dal medioevo al rinascimento: custodia e risveglio del sapere

Nel Medioevo, il sapere fitoterapico veniva custodito all’interno dei monasteri, dove monaci e religiosi conservavano antichi manoscritti e tradizioni orali.

In questo periodo, oltre all’uso empirico, si sviluppava la “teoria delle segnature”, basata sull’idea che le caratteristiche fisiche di una pianta potessero indicare le sue proprietà curative.

Giunto il Rinascimento, il rinnovato interesse per l’antichità portò alla riscoperta e sistematizzazione di questi saperi: opere come i “Commentari Dioscoridem” di Mattioli e le ricerche di Paracelso contribuirono a delineare una visione più razionale dell’uso delle piante, segnando il passaggio tra il magico-empirico e lo scientifico.

L’epoca moderna e l’integrazione con la chimica

Dagli inizi del XIX secolo in poi, il progresso della chimica ha permesso l’isolamento dei principi attivi delle piante, come la morfina, la chinina e l’atropina, conferendo così una base oggettiva e replicabile alle terapie erboristiche.

Questa fase ha portato a una distinzione netta tra i farmaci di sintesi — caratterizzati da principi attivi ben definiti e standardizzati — e i medicamenti fitoterapici, che ancora oggi mantengono un approccio più olistico e integrato alla salute.

FONTI
www.accademiafito.it; it.wikipedia.org; www.progettofficinafitoterapia.it

Reperti archelogici in Cina

In Cina sono stati rinvenuti reperti archeologici che testimoniano l’uso curativo delle piante risalente a circa 8000 a.C. Questi resti, rinvenuti in contesti neolitici, suggeriscono che le popolazioni antiche non utilizzassero le piante solo come fonte d’alimentazione, ma anche per le loro proprietà terapeutiche.

Le evidenze archeologiche includono utensili per macinare e processare erbe e residui che, studiati con metodi moderni, hanno permesso di identificare composti attivi presenti in piante utilizzate a scopi curativi.

Questa pratica, che ha radici così remote, si inserisce in un percorso storico che ha portato alla formazione della medicina tradizionale cinese.

Con il passare dei secoli, l’esperienza empirica derivata da tali pratiche si è integrata con il pensiero filosofico e codificata in testi antichi, contribuendo alla nascita di una complessa tradizione erboristica.

Mortai, pestelli e utensili

Diversi siti archeologici risalenti al Neolitico in Cina hanno restituito una serie di strumenti che attestano l’uso curativo delle piante, dimostrando che le popolazioni antiche erano già impegnate nella preparazione dei rimedi erboristici. Tra questi strumenti spiccano:

  1. Mortai e pestelli in pietra: Questi utensili venivano utilizzati per macinare e triturare le parti vegetali. La loro presenza testimonia la capacità di elaborare le erbe, trasformandole in polveri o pastiglie adatte alla preparazione di decotti o altre forme terapeutiche. Il design ergonomico e la lavorazione artigianale evidenziano non solo funzioni pratiche, ma anche una certa cura metodica nella preparazione dei rimedi.
  2. Piccoli contenitori in ceramica: Alcuni siti hanno restituito recipienti in ceramica che probabilmente servivano per contenere ed elaborare i decotti. Queste ceramiche, adatte alle alte temperature, consentivano la cottura e la conservazione delle preparazioni liquide, fondamentali per l’estrazione dei principi attivi delle piante.
  3. Altri utensili di lavorazione: In vari contesti archeologici sono state rinvenute anche pietre lisce o utensili simili a raschiatori, che probabilmente venivano utilizzati per schiacciare ulteriormente il materiale vegetale o per misurare quantità approssimative durante la preparazione dei rimedi. Questi strumenti, pur nella loro semplicità, indicano un approccio strutturato e forse ritualistico alla fitoterapia.

Per una rappresentazione sintetica, ecco una tabella riassuntiva:

Tipo di StrumentoMaterialeFunzione principale
Mortaio e pestelloPietraTriturare e macinare le parti delle piante per ottenere polveri
Contenitori in ceramicaCeramicaCottura, preparazione e conservazione dei decotti
Utensili di schiacciamentoPietra/LegnoSchiacciare ulteriormente il materiale vegetale, facilitando l’estrazione degli attivi

Questi reperti non solo confermano l’uso pratico delle erbe a scopi terapeutici, ma evidenziano anche come le tecniche di preparazione e l’attenzione al dettaglio abbiano costituito i primi presagi della medicina tradizionale cinese.

La raffinata scelta dei materiali e la progettazione degli utensili suggeriscono una conoscenza empirica avanzata, capace di valorizzare le proprietà curative delle piante già migliaia di anni fa.

Reperti archeologici in altre culture e periodi storici

Strumenti analoghi a quelli rinvenuti nei siti archeologici cinesi sono stati individuati in diverse culture e in differenti periodi storici.

Sebbene le forme e i materiali possano variare in base alla disponibilità locale e alle tradizioni specifiche, l’impiego di utensili per la lavorazione delle piante rappresenta un tratto comune nell’evoluzione della fitoterapia in tutto il mondo.

In Antico Egitto e Mesopotamia

Documenti e reperti archeologici di queste antiche civiltà mostrano l’uso di utensili in pietra, come mortai e pestelli, strumenti fondamentali per macinare erbe e preparare decotti.

Ad esempio, il papiro di Ebers (circa 1500 a.C.) cita numerosi preparati erboristici che, per essere realizzati, richiedevano la frantumazione meccanica delle piante. Queste tecniche non solo facilitavano l’estrazione dei principi attivi, ma testimoniavano anche una sistematizzazione del sapere riguardo alle proprietà curative dei vegetali.

Nell’India antica (Ayurveda)

La tradizione ayurvedica, che risale a millenni fa, fa ampio uso di apparecchiature simili. Nei testi ayurvedici si descrivono metodi di preparazione che utilizzano mortai in pietra e altri dispositivi per ottenere polveri e decotti.

Questi strumenti, realizzati con materiali locali, permettevano di scomporre le erbe e favorire l’assorbimento dei loro principi attivi, creando una base per uno dei sistemi medici più antichi e complessi del mondo.

Nelle culture precolombiane e indigene delle Americhe

Anche le civiltà precolombiane, come quelle degli Aztechi e dei Maya, utilizzavano strumenti analoghi al mortaio e pestello, noto in alcuni contesti come “metate”.

Questo utensile era impiegato non solo per la preparazione di alimenti, ma anche per macinare erbe e riunire ingredienti utili nella preparazione dei rimedi tradizionali.

La sua diffusione nei territori delle Americhe testimonia un approccio condiviso nell’uso delle risorse naturali per il benessere.

In Europa medievale

Durante il Medioevo i monaci dei monasteri, che ne custodivano e tramandavano il sapere medico erboristico, facevano ampio uso di mortai, pestelli e piccoli contenitori in ceramica o terracotta.

Questi strumenti erano utilizzati per preparare infusi ed estratti, seguendo metodi che, pur nella loro semplicità, richiedevano precisione e cura nella pesatura e miscelazione degli ingredienti. Tale tradizione ha continuato a influenzare la pratica della fitoterapia anche in epoca rinascimentale e oltre.

Per riassumere, ecco una tabella comparativa che evidenzia alcuni esempi:

Regione/PeriodoStrumenti UtilizzatiFunzione/Applicazione
Cina (Neolitico)Mortai in pietra, pestelli, contenitori in ceramicaPreparazione di decotti e polveri per rimedi erboristici
Egitto/MesopotamiaMortai e pestelli in pietraFrantumazione di erbe per preparare rimedi, come descritto nel papiro di Ebers
India (Ayurveda)Mortai in pietra, strumenti di macinazioneRealizzazione di polveri e decotti terapeutici
Americhe precolombiane“Metate” (mortai a pietra)Macinatura delle erbe per preparare rimedi tradizionali
Europa MedievaleMortai, pestelli, contenitori in ceramica/terracottaPreparazione di infusi, decozioni e distillati nei monasteri

Questa convergenza indica come, nonostante la diversità culturale e le differenti risorse a disposizione, si sia sviluppato in modo indipendente un insieme di strumenti simili che hanno facilitato l’uso delle piante a fini curativi.

FONTI
www.starbene.it; moodle2.units.it

Il metate

Il metate è un antico strumento di macinazione in pietra, utilizzato principalmente nelle culture mesoamericane per frantumare cereali, semi e spezie.

È composto da una lastra di pietra leggermente concava e da una pietra cilindrica chiamata metlapilli, che viene fatta scorrere avanti e indietro per polverizzare gli ingredienti.

L’uso del metate risale al periodo cenolitico superiore in Messico, tra il 5000 a.C. e il 3000 a.C., e al periodo medio arcaico nel sud-ovest degli Stati Uniti, intorno al 3500 a.C.1. Le prime versioni di questo strumento erano piatte o a forma di bacino, mentre quelle più avanzate, con una struttura a trogolo, iniziarono a essere utilizzate intorno al 450 d.C..1

Caratteristiche e utilizzo

  • Materiale: Tradizionalmente realizzato in pietra vulcanica, grazie alla sua resistenza e porosità ideale per la macinazione.
  • Forma: Solitamente rettangolare, con una superficie levigata e una leggera depressione per facilitare la lavorazione.
  • Funzione: Impiegato per macinare mais, cacao e altre piante, spesso per la preparazione di tortillas e bevande tradizionali come il cioccolato mesoamericano.
  • Tecnica: A differenza del mortaio e pestello, il metate richiede un movimento orizzontale, che permette una macinazione uniforme e controllata.

Importanza culturale

Il metate ha avuto un ruolo centrale nelle economie e nelle tradizioni culinarie delle civiltà precolombiane, come gli Aztechi e i Maya. Era considerato un oggetto prezioso, spesso decorato con incisioni e simboli, e talvolta incluso nella dote matrimoniale.

Oggi, sebbene l’uso del metate sia diminuito con l’avvento di strumenti moderni, rimane un simbolo della cultura gastronomica messicana e viene ancora utilizzato in alcune comunità rurali per la preparazione di alimenti tradizionali.

FONTI
it.wikipedia.org; spiegato.com; www.mexsabores.com

Il metate ha continuato a essere impiegato per secoli, diventando un elemento centrale nelle culture mesoamericane, come quella Azteca e Maya. Ancora oggi, in alcune comunità rurali del Messico, viene utilizzato per macinare il mais nixtamalizzato, essenziale per la preparazione delle tortillas.

Cos’è il mais nixtamalizzato

Il mais nixtamalizzato è mais trattato con un processo chiamato nixtamalizzazione, una tecnica antica sviluppata dalle civiltà mesoamericane per migliorare le proprietà nutrizionali e la lavorabilità del mais.

Il processo di nixtamalizzazione

La nixtamalizzazione consiste nell’ammollo e nella cottura del mais in una soluzione alcalina, solitamente a base di calce (idrossido di calcio) o cenere di legna. Questo trattamento:

  • Migliora la biodisponibilità dei nutrienti, in particolare la niacina (vitamina B3), prevenendo carenze alimentari come la pellagra.
  • Aumenta la concentrazione di calcio, rendendo il mais più nutriente.
  • Migliora la digeribilità delle proteine e la qualità della farina ottenuta.
  • Rende il mais più lavorabile, permettendo di ottenere impasti più elastici e malleabili, fondamentali per la preparazione di tortillas, tamales e altri piatti tradizionali.

Importanza culturale

Il mais nixtamalizzato è alla base della cucina tradizionale messicana e centroamericana. Senza questo processo, molte delle preparazioni tipiche, come le tortillas, i tamales e le arepas, non sarebbero possibili, poiché il mais non trattato non ha la stessa capacità di formare impasti coerenti.

Conclusioni

Nonostante l’affermazione della medicina convenzionale, il patrimonio della fitoterapia continua a evolversi, combinando antichi metodi e conoscenze con le moderne tecnologie scientifiche, in un’ottica di integrazione e collaborazione reciproca.

La continua ricerca, che ha portato all’evoluzione degli strumenti e delle tecniche, riflette la capacità umana di osservare, sperimentare e tramandare conoscenze sul potere curativo della natura.

FONTI
www.spiegato.com; www.radio-food.it; www.linkiesta.it

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